Sto ad una rassegna di cinema sui vichinghi.
A suo tempo mi persi il Refn con Mads Mikkelsen, uomo del quale amo la schiena più di qualunque tramonto o cazzata simile e che nel film è spesso mezzo nudo.
Entro in sala all’Anthology Film Archives e ci trovo una vecchia signora molto magra ed alta sui novant’anni con un berretto di lana, il bastone e degli enormi occhiali rotondi rosa dai quali spuntano dei piccoli occhi socchiusi, ha la testa infossata tra le spalle che sporge molto in avanti a causa forse del lungo collo. Mangia roba che toglie da una grande borsa mentre io scrivo. La signora è un capolavoro.
Questo genere di film vede in sala giustamente un pubblico di genere, gli altri sono: un paio di anziani per i fatti loro, come i soliti bei ragazzi in ordine sparso che segue la regola “a meno che non sia impossibile, mai sedersi davanti a qualcuno” il che genera quello che io chiamo il pubblico a scacchiera, tipica struttura composta da cinefili. Ovviamente ci sono anche gli immancabili due sfigati con la ragazza attaccata al braccio, parte integrante della colonna sonora.
Quando sto per uscire in sala è rimasto solo uno strano tipo in fondo che mi dice che il volume non era eccellente, forse per dirmi la sua opinione, gli rispondo che non era neanche a fuoco ed aggiungo “but I loved it anyway”, stizzito, voleva forse dirmelo prima lui, mi risponde “me too”.
Il film io lo chiamo Vanilla raising anche se il titolo è un po’ diverso. L’ultimo capitolo è la cosa più bella di Refn ad oggi.
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